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  • Immagine del redattoreASANA Comunicazione

Ulteriore decremento dei consumi: i saldi falliscono

La #crisi economica scaturita dal #Covid19 non sembra attenuarsi anzi, sembrerebbe ora aver colpito il commercio al dettaglio.

La chiusura in zona rossa, arancione e gialla ha danneggiato tutti i commercianti durante i #saldi.

Ciò è dimostrabile attraverso le rilevazioni del Centro studi retail Confimprese che ha registrato una riduzione del volume di #vendite pari a 15 miliardi di Euro.

I commercianti speravano di poter sfruttare il periodo dei saldi per riuscire a coprire i mancati #guadagni derivati da novembre e dicembre quando le continue modifiche alle restrizioni hanno portato ad una forte diminuzione del volume della domanda di beni.


Basti pensare che analizzando il periodo che va dal 4 al 17 gennaio 2021 si è registrata una contrazione media delle vendite in Store pari al -32,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un dato rilevante da tenere presente è che lo sconto medio è stato molto più alto rispetto a quello applicato negli anni scorsi. Siamo di fronte ad uno sconto medio pari al 34%.


A discapito di un aumento della percentuale di sconto si è però registrata una diminuzione dello scontrino medio del cliente (ovvero dell’ammontare di spesa che ogni persona ha fatto durate il periodo dei saldi). Il Termometro Innovation Team di Cerved per Confimprese ha registrato uno scontrino medio di € 191,00 nel periodo di saldi invernali 2021, mentre il periodo di saldi invernali 2020 registrava uno scontrino medio di € 280,00.


Si potrebbe pensare che la diminuzione della spesa sia dovuta solamente ad una diminuzione dei redditi pro-capite (un italiano su due versa in difficoltà economiche) mentre ciò che fa riflettere ed accendere un campanello d’allarme sono i motivi sociologici legati alla scelta di non acquisto.


Di fatti un terzo degli italiani dichiara di non fare acquisti sia per il contesto emergenziale ma anche per il fatto di non poter prendere parte ad eventi sociali. La mancanza di #interazione reciproca, la chiusura di ristoranti e locali ha portato le persone a non voler comprare oggetti che non potrebbero sfoggiare. Ciò porta a fare una riflessione del potere sociale all’interno del processo decisionale di acquisto.


All’interno del processo decisionale del consumatore vi sono varie influenze: una di queste riguarda le influenze sociali. Sono tutte quelle influenze che derivano da sistemi e sottosistemi culturali come, ad esempio, la nostra famiglia la scuola i trend e le amicizie. Tutti noi abbiamo bisogno di appartenere a dei cluster o gruppi di riferimento che si dividono tipicamente in primari e secondari. I gruppi primari fanno riferimento ad esempio alla famiglia, alle tribù, agli amici stretti. Mentre i gruppi secondari sono ad esempio le associazioni.


Se analizzassimo le fasi del processo decisionale di Maslow ci renderemo conto che dopo i bisogni fisiologici di sicurezza abbiamo dei bisogni sociali e personali da soddisfare. I bisogni sociali riguardano il bisogno di mantenere dei rapporti interpersonali. Mentre i bisogni personali sono ad esempio l’enfatizzazione dello status sociale o il rispetto.


Anche secondo la Teoria del confronto sociale di Festinger gli uomini tendono a confrontarsi con altri soggetti che appartengono al loro stesso gruppo di riferimento e che condividono gli stessi ideali.

Definiamo il nostro Sé e valutiamo le nostre opinioni in base a quelle che predominano nella massa.

Rispetto al nostro status esistono due tipologie di gruppi che orientano due tipologie di confronti: verso l’alto e verso il basso.

Ci confrontiamo verso l’alto quando percepiamo quella persona o l’insieme di persone superiori o migliori rispetto a noi. Ciò può avere un risvolto positivo poiché aiuta a migliorare la propria visione di sé. Il risvolto negativo invece incorre nel rischio di un abbassamento di autostima.


Tendenzialmente però le persone che cercano dei confronti al rialzo sono coloro che ricercano di innalzare la loro posizione ed il loro status verso la società che li circonda.

D’altro canto, chi tende a favorire i confronti al ribasso sono coloro che hanno una bassa autostima o persone che stanno affrontando un momento difficile all’interno della loro vita personale o lavorativa.

Questi confronti sociali al ribasso migliorano il loro umore e consentono loro di trovare la giusta motivazione per affrontare il futuro.


Ritornando al discorso dei consumi possiamo notare che ad avvalorare queste teorie c’è la tendenza a diminuire gli #acquisti che riguardano il settore beauty (-45%) e il settore abbigliamento (-42,8%).


La rimanenza delle merci causa un problema economico per i commercianti non indifferente: lo stock si svaluta ogni giorno che passa.

La soluzione sarebbe quella di ricorrere ad un credito d’imposta. Il credito d’imposta viene in genere utilizzato come sconto sui tributi da pagare a fine anno. Non concedere un credito di imposta per tutta la merce invenduta durante il periodo di saldi invernali 2020 e 2021 potrebbe portare i negozianti effettuare nuovi ordini presso i grossisti. Ciò metterebbe in crisi tutta la filiera distributiva (in questo caso quella della moda).


Il retail lombardo sembra essere quello che maggiormente ha risentito delle restrizioni e del lockdown. L’indice Rt decisamente sovrastimato ha interrotto le abitudini d’acquisto dei lombardi causando una perdita economica a tutti i negozianti.

Non a caso, le categorie più colpite, si stanno attivando per richiedere un risarcimento. Facendo un veloce calcolo, se la #Lombardia fosse rimasta in zona arancione durante il periodo di saldi, i ricavi che i #negozianti avrebbero ottenuto sarebbero stati pari a 300 milioni di Euro.

Ora resta da definirsi di chi sia la responsabilità del calcolo erroneo dell’indice Rt dato che Regione Lombardia e l’Istituto Superiore della Sanità si rimbalzano l’onere.


La richiesta da parte di Confcommercio Lombardia parrebbe essere quella di tornare in zona gialla per far ripartire i anche i #bar e #ristoranti oltre ai negozi. Ciò consentirebbe di fare volano ed innescare un circolo virtuoso per tutto il commercio.


Il fenomeno del #consumismo è tipico delle società industriali. Era di facile intuizione che interrompendo questo fenomeno si sarebbe arrivati ad una #crisi economico-sociale.





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